La Magliabechiana diventa Biblioteca Nazionale

Le informazioni sulla storia della Biblioteca sono tratte dal volume:
1861/2011: l’Italia unita e la sua Biblioteca, Firenze, Polistampa, 2011 (Catalogo della Mostra tenuta a Firenze nel 2011-2012)

La Biblioteca diventa Nazionale (1861)

All’indomani della raggiunta unità nazionale il primo provvedimento dello Stato unitario, da collocarsi nell’ambito di una particolare attenzione verso gli istituti di cultura, fu la riunione della Biblioteca Magliabechiana (che aveva già accolto nel 1771 la Medicea Palatina Lotaringia) con la nuova Palatina, raccolta dai granduchi Ferdinando III e Leopoldo II negli anni dell’esilio durante la dominazione napoleonica, per essere poi implementata con ulteriori acquisti fino agli anni ’50 del XIX secolo. L’inserimento della Nazionale nella politica culturale del nuovo regno fu obiettivo primario, se pur a volte limitato dallo sforzo di completamento dell’unificazione (terza guerra d’indipendenza e presa di Roma). A questo proposito è fondamentale il R. Decreto n. 5368 del 25 XI 1869 Riordino delle Biblioteche governative del Regno che, firmato dal Ministro della Pubblica Istruzione Angelo Bargoni e preceduto dalle relazioni della Commissione di Studio conosciuta come “Commissione Cibrario”, introdusse l’obbligo del deposito alla Biblioteca fiorentina di una copia di ogni pubblicazione edita sull’intero territorio nazionale, provvedimento considerato da Paolo Traniello “esempio di centralità proprio delle vere biblioteche Nazionali” (TRANIELLO 2002).
Nel segno della continuità fu la nomina del primo direttore della nuova Biblioteca di Atto Vannucci che, patriota e professore all’Istituto di Studi Superiori, era già dal 1859 direttore della Magliabechiana (ROTONDI 1967; DEL BONO 2012). Il suo impegno principale fu rivolto a concretizzare la riunione della Magliabechiana con la Palatina, superando i numerosi ostacoli frapposti dal deposto Granduca e dai lealisti (primo fra tutti Francesco Palermo, ultimo direttore della nuova Palatina). L’obiettivo di fatto fu raggiunto nel 1866 quando, divenuta Firenze capitale del Regno, Palazzo Pitti accolse la corte e la raccolta libraria fu trasportata nel Salone dei Veliti agli Uffizi. Solo qualche anno dopo la Biblioteca acquisì nuovi spazi nel Palazzo dei Giudici. Nonostante il diverso processo di formazione della nuova Palatina rispetto a quello della Magliabechiana, le due biblioteche si integrarono perfettamente e consentirono un ampliamento delle possibilità di ricerca.
Ad Atto Vannucci successero alla direzione della Nazionale Giuseppe Canestrini (dal 1862 al 1870), Luigi Passerini (dal 1871 al 1877), Torello Sacconi (dal 1877 al 1885) e Desiderio Chilovi nominato nel maggio del 1885. Nonostante l’interessamento del Governo per la vita della Biblioteca, erano notevoli le difficoltà finanziarie, come si evince anche dalla Relazione alla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, Ministero istruzione pubblica, tornata del 1 febbraio 1896 e dalla successiva discussione. Il relatore Angelo Messedaglia (1820-1901), giurista veneto studioso di Omero, pur sottolineando la maggiore importanza acquisita dalla Biblioteca fiorentina dopo il trasferimento della capitale in Toscana, lamentava che “Contuttociò la sua dotazione, che era ancora di 21.431 lire nel 1863, e che sotto il Governo granducale, per le due biblioteche, la Magliabechiana e la Palatina, saliva in complesso a 40/50 e più mila lire l’anno, secondo il bisogno, si trova ora ridotta a 16.306 lire e 53 centesimi [per il materiale]. Detratta ogni altra spesa … sono appena poche centinaia di lire che si possono mettere da banda per acquisto di nuovi libri. Nell’anno 1867 sarebbero state lire 712 e centesimi 67. Uno de’ principali periodici inglesi notava che la biblioteca circolante di qualche modesta città di provincia in Inghilterra dispone di tre o quattro volte tanto”. Alla discussione sulla relazione Messedaglia, seguita nella tornata del 28 maggio 1869, portarono il proprio contributo, pur non aggiungendo nulla al quadro già delineato dal relatore, gli on. Floriano Del Zio, professore di filosofia lucano e Filippo De Boni, giornalista, quest’ultimo, pur riconoscendo l’importanza di tutte le biblioteche, proponeva di assegnare alla Magliabechiana 30 mila lire per il materiale, dato che “per il fatto del trasferimento della capitale, dall’essere la prima biblioteca della Toscana, essa è diventata la prima del regno”.
L’Istituto proseguì la politica di incremento del patrimonio grazie all’acquisizione di grandi librerie, tra le quali quella raccolta dal conte Piero Guicciardini al fine di documentare la storia della Riforma religiosa. Il fondo, costituito da oltre 8.000 edizioni ascrivibili all’arco cronologico compreso tra il sec. XV e XIX, nel 1866 fu donato al Comune di Firenze e dal 1877 fu collocato in deposito presso la Nazionale per la consultazione pubblica. Nel 1874 fu acquisita la Libreria di Giovanni Nencini, collezionista già direttore della R. Manifattura dei Tabacchi in Toscana, la cui raccolta comprende, fra l’altro, un importante nucleo di edizioni stampate dai Manuzio. Nel 1876 la Biblioteca accoglieva la collezione del marchese Gino Capponi costituita da 385 manoscritti e da 180 inserti di documenti, tutti relativi alla storia italiana. Infine dopo la morte del direttore Luigi Passerini, che lasciò la propria libreria alla Biblioteca, fu acquisito il fondo composto da edizioni a stampa (secc. XV-XIX) e da manoscritti relativi a storia, genealogia e araldica.
Con il R. Decreto del 28 ottobre 1885 la Biblioteca prendeva il titolo di Nazionale Centrale. Nello stesso anno il ministro della Pubblica Istruzione Ferdinando Martini individuò tra i compiti della Nazionale la redazione del “Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa”. Si apriva in questo modo un nuovo e importante periodo di vita della Biblioteca.

Bibliografia:
  • Del Bono 2012
    Gianna Del Bono, Storia della Biblioteca Nazionale di Firenze (1859-1885), Manziana, Vecchiarelli, 2012.
  • Rotondi 1967
    Clementina Rotondi, La Biblioteca nazionale di Firenze dal 1861 al 1870, Firenze, AIB Sezione Toscana, 1967.
  • Traniello 2002
    Paolo Traniello, Storia delle biblioteche in Italia. Dall’Unità ad oggi, Bologna, Il mulino, 2002.

Aspetti e problemi della Biblioteca Nazionale in un dibattito parlamentare del 1869

Fin dall’origine del nuovo Stato unitario è rilevante il problema relativo alla riorganizzazione complessiva e al coordinamento delle biblioteche presenti sul territorio nazionale, con particolare attenzione all’idea “di una biblioteca nazionale (realizzata con l’istituzione della Biblioteca Nazionale fiorentina) capace di esprimere l’unità culturale della nuova Italia” (TRANIELLO 1997). La lettura di alcuni brani tratti dalla Relazione alla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, Ministero istruzione pubblica, tornata del 1 febbraio 1869, e dalla successiva discussione, fornisce utili spunti di riflessione su alcuni temi che ricorrono in numerosi interventi: la consapevolezza dell’importanza del patrimonio librario ereditato dagli stati preunitari e, allo stesso tempo, l’esiguità dei fondi da destinare ad un’azione di riordino complessivo e di coordinamento.

Il relatore Angelo Messedaglia (1820-1901), giurista veneto studioso di Omero, traduttore del poeta americano Longfellow e, cosa quasi inaudita, politico schivo che rifiutò di fare il ministro per non abbandonare gli studi, pur sottolineando la maggiore importanza acquistata dalla Biblioteca fiorentina dopo il trasferimento della capitale in Toscana, lamenta che “contuttociò la sua dotazione, che era ancora di 21,431 lire nel 1863, e che sotto il Governo granducale, per le due biblioteche, la Magliabechiana e la Palatina, saliva in complesso a 40, 50 e più mila lire l’anno, secondo il bisogno (principalmente per la Palatina), si trova ora ridotta a 16,306 53 [per il materiale]; ed è di fatto che essa riesce del tutto insufficiente. Detratta ogni altra spesa … sono appena poche centinaia di lire che si possono mettere da banda per acquisto di nuovi libri. Nell’anno 1867 sarebbero state lire 712 e centesimi 67 … Uno de’ principali periodici inglesi notava a questo proposito che la biblioteca circolante di qualche modesta città di provincia in Inghilterra dispone di tre o quattro volte tanto”. Messedaglia conclude questo capitolo della sua relazione proponendo un aumento complessivo di stanziamento, per le 17 biblioteche statali, di lire 20.000 da sottrarre alle spese per l’istruzione elementare.
Inoltre, anche a nome della Commissione, dà alcuni suggerimenti di politica bibliotecaria, il più interessante e attuale dei quali consiste nella divisione dei compiti fra i vari istituti: “Oggi, per le nostre biblioteche, al fatto di una dotazione insufficiente si aggiunge anche quello che comperano tutte presso a poco i medesimi libri, e mancano tutte insieme dei rimanenti”.

Alla discussione sulla relazione Messedaglia, seguita nella tornata del 28 maggio 1869, portarono il proprio contributo, pur non aggiungendo nulla al quadro già delineato dal relatore, gli on. Floriano Del Zio, professore di filosofia lucano, e l’on. Filippo De Boni, giornalista. Quest’ultimo, pur riconoscendo l’importanza di tutte le biblioteche afferma che “a tutte bisognerebbe porgere aiuto: ma questo non potendosi fare oggidì, soccorriamone due, la biblioteca Magliabechiana e la Laurenziana … Nel 1865, per il fatto del trasferimento della capitale, dall’essere la prima biblioteca della Toscana, essa [la Magliabechiana] è diventata la prima del regno, la biblioteca in verità nazionale. Credete voi che per questo vi abbia guadagnato? No. Quando le due biblioteche [Magliabechiana e Palatina] erano divise, avevano per il materiale [escluso, quindi, il personale] una dotazione annua di lire 50 mila incirca; ora che sono riunite, e la loro importanza è cresciuta, perdettero; la biblioteca nazionale non ha che 16 mila lire per il materiale. Dimodochè, detratte le spese di scaffali, di associazioni obbligatorie, le indispensabili legature, e via dicendo, l’anno trascorso la biblioteca nazionale, la prima del regno, aveva 712 lire da spendere in nuovi libri … E notisi che vi accorrono da trecento studiosi al giorno; vanta visitatori da ogni parte d’Europa …”.

De Boni propone di “assegnare alla biblioteca Magliabechiana 30 mila lire per il materiale …” e aggiunge “Io noterò, e senza amarezza, ma mi sento in obbligo di notarlo, che abbiamo aggravato il Tesoro di lire 90,000 per i gran comandi, e forse, e senza forse, queste lire 90,000 non basteranno. Non troveremo noi un 33,000 per il nostro decoro, per l’amore agli studi, per la decenza?”

Bibliografia:
  • Traniello 1997
    Paolo Traniello, La biblioteca pubblica. Storia di un istituto nell’Europa contemporanea. Bologna, Il mulino, 1997.

Dall’ Unità d’Italia a Firenze Capitale: le due grandi mostre su Dante e Machiavelli

Nel decennio che dall’Unità d’Italia porta alla fine del ruolo di Firenze capitale del Regno (1861-1871), la città diede prova di dedizione alla causa nazionale. La prestigiosa funzione, imprevista e non desiderata, fece inevitabilmente superare le tensioni separatiste e il senso paralizzante e angusto della “Toscanina” lorenese (SPADOLINI 1967). Si delineò così in quegli anni il volto di una città meno ripiegata sugli antichi fasti umanistici e maggiormente attenta a collegare cultura e società.
Anche l’appena sorta Biblioteca Nazionale venne così a giocare un ruolo importante nel processo di formazione e radicamento del sentimento di identità nazionale, in particolare con la partecipazione alle celebrazioni dedicate dapprima a Dante (1865) e in seguito a Machiavelli (1869). Le opere esposte dei due grandi fiorentini – tra lingua, letteratura e politica – risultarono anch’esse tappe fondamentali e strumenti nella creazione di un’idea unitaria del paese.
La città, che già nel settembre del 1861 aveva ospitato la prima grande Esposizione Nazionale, fu protagonista nel maggio del 1865 delle grandi feste per il sesto centenario della nascita di Dante, che rappresentarono, oltre ad una opportunità per presentarsi come nuova capitale, “un’occasione di pubblica dichiarazione di patriottismo, di fede nell’avvenire della patria ora che l’impresa dell’Unità si era compiuta con successo” (TOBIA 2011)
Giuseppe Canestrini, nuovo direttore della Biblioteca Nazionale subentrato ad Atto Vannucci, propose di esporre i numerosi codici e le preziose edizioni dantesche nel grande salone magliabechiano, con il parere favorevole del Ministro della Pubblica Istruzione.
In una seduta del Consiglio Provinciale di Firenze Antonio Salvagnoli aveva però criticato questo progetto dichiarando che la “mostra particolare” della Biblioteca Nazionale avrebbe potuto nuocere alla “riuscita ed al decoro” della grande esposizione che si stava preparando al Bargello a cura della Soprintendenza generale degli Archivi toscani.
In seguito a queste rimostranze il Ministro Natoli ordinò che “i codici danteschi della Magliabechiana” fossero esposti “non più a parte nel locale della Biblioteca, ma nel Palazzo del Podestà (che in occasione di quelle feste fu trasformato in Museo Nazionale) insieme con altri codici inviati dalle diverse città d’Italia” (ROTONDI 1967).
La mostra (ESPOSIZIONE DANTESCA 1865) era divisa in tre sezioni e prevedeva oltre agli oggetti d’arte, codici e documenti, edizioni “prestate dalle principali biblioteche cittadine e del Regno”. Insieme alla Nazionale fornirono i documenti le biblioteche Laurenziana e Riccardiana di Firenze, e la Trivulziana di Milano. I manoscritti della Nazionale furono particolarmente apprezzati:: “… noteremo che in questa mostra di sopra a duecento codici – si leggeva su La Gazzetta di Firenze del primo giugno 1865 – il pregio dell’antichità era riserbato a quello membranaceo della Biblioteca Nazionale di Firenze (Sezione Palatina) che contiene intiera la Divina Commedia al commento di anonimo, e deve indubitatamente ritenersi anteriore al 1333” [cod. Pal. 313].
Il re Vittorio Emanuele venne da Torino per assistere alle feste: la mattina del 12 maggio visitò la mostra del Bargello e, il giorno seguente, presenziò in Santa Croce all’inaugurazione del monumento al massimo Poeta italiano (PESCI 1904).
Alla fine del 1866 si era finalmente realizzato il progetto di riunificazione tra la Biblioteca Palatina e Magliabechiana in un unico edificio (fu restaurata l’antica Caserma dei Veliti, attigua all’edificio che ospitava la Magliabechiana) e nel maggio del 1869, in occasione del quarto centenario della nascita del Machiavelli, fu allestita nel grande salone Magliabechiano – e non sotto il porticato degli Uffizi, come era stato inizialmente previsto – una mostra di autografi ed edizioni rare.
Un’esposizione visitata non solo dalle autorità riunite per ricordare il genio politico del grande Segretario fiorentino, ma anche da un gran numero di cittadini, attirati dai prestigiosi documenti ufficiali dell’Archivio di Stato e dai manoscritti e edizioni della Biblioteca Nazionale. (GUIDUCCI BONANNI 1993). Furono esposti, oltre a varie carte e lettere autografe – il codice contenente la Novella di Belfagor, la traduzione dell’Andria di Terenzio, frammenti della Storia fiorentina e l’abbozzo autografo del Libro della guerra (FAVA 1939).
Il 3 maggio 1869 era stata tenuta la cerimonia commemorativa in Santa Croce alla presenza del senatore Terenzio Mamiani, Presidente del Comitato delle celebrazioni. Il giorno seguente Atto Vannucci – che era stato bibliotecario della Magliabechiana e direttore della Nazionale – tenne un’orazione solenne nel giardino degli Orti Oricellari che, oltre a celebrare la fortuna editoriale del suo pensiero, esaltò la figura di Machiavelli, propugnatore della nuova Italia “unita e padrona di sé per virtù della sua concordia e delle sue armi” (VANNUCCI 1869). Anche in questa occasione le celebrazioni furono l’occasione per ribadire e rinsaldare, tramite le opere del Segretario fiorentino “redentore d’Italia” ed ispirato precorritore del Risorgimento, i temi dell’Unità d’Italia.

Bibliografia:
  • Esposizione Dantesca 1865
    Esposizione dantesca in Firenze: maggio 1865, codici e documenti, edizioni, oggetti d’arte, Firenze, Le Monnier, 1865.
  • Fava 1939
    Domenico Fava, La Biblioteca nazionale centrale di Firenze e le sue insigni
    Raccolte, Milano, Hoepli, 1939.
  • Guiducci Bonanni 1993
    Carla Guiducci Bonanni, La Biblioteca nazionale centrale in Firenze nella cultura italiana del Novecento, a cura di P. Gori Savellini, [Impruneta], Festina lente, [1993].
  • Pesci 1904
    Ugo Pesci, Firenze capitale 1865-1870. Dagli appunti di un ex-cronistat, Firenze, Bemporad, 1904.
  • Rotondi 1967
    Clementina Rotondi, La Biblioteca nazionale di Firenze dal 1861 al 187, Firenze, AIB Sezione Toscana, 1967
  • Spadolini 1967
    Giovanni Spadolini,  Firenze capitale: con documenti inediti e un’appendice di saggi su Firenze nell’Unità, Firenze, Le Monnier, 1967
  • Tobia 2011
    Bruno Tobia, Le feste dantesche di Firenze nel 1865 in Dante Vittorioso: :il mito di Dante nell’Ottocento, a cura di E. Querci, Torino, U. Allemandi, 2011.
  • Vannucci 1869
    Atto Vannucci, Nel quarto centenario della nascita di Niccolo Machiavelli. Discorso tenuto negli Orti Oricellari il 4 maggio 1869, Firenze, Le Monnier, 1869.

I regolamenti bibliotecari ottocenteschi

Il primo atto normativo dell’Italia unita sulle biblioteche è il Riordinamento delle biblioteche governative del Regno (R. D. n. 5368 del 25 novembre 1869), firmato dal ministro della pubblica istruzione Angelo Bargoni, in cui si riconoscono evidenti ipoteche negative. La prima è costituita dal ricorso allo strumento amministrativo del decreto, che da allora ha sottratto le biblioteche alla statuizione di una legge; la seconda dal parere negativo della Commissione Cibrario, interpellata dal ministro, riguardo alla individuazione di una biblioteca nazionale con compiti determinati e precipui.
Con il decreto del 1869 fu tracciato un confine fra le biblioteche afferenti per dotazione e personale al Ministero della pubblica istruzione e le altre. Nel fondamentale Titolo I il sistema è articolato in due classi: nella prima figurano le biblioteche “che hanno e che sono destinate a conservare carattere di generalità”, nella seconda “quelle che hanno o che sono suscettibili di assumere un determinato carattere speciale”. Alla prima classe appartengono le biblioteche Universitarie di Torino, Pavia, Padova, Bologna, Napoli; le biblioteche di Brera di Milano, Marciana di Venezia, Palatina di Modena; le Nazionali di Firenze, Napoli, Palermo; le biblioteche di Parma e Cagliari; con l’art. 34 la Laurenziana di Firenze è parificata alle biblioteche di prima classe “non ostante il suo carattere di specialità”; alla seconda classe appartengono tutte le altre non altrimenti specificate. In particolare l’art. 33 sancisce l’assegnazione alla Nazionale di Firenze del deposito di tutte le pubblicazioni stampate in Italia che avrebbe, nei fatti, distinto questa biblioteca dalle altre ben più che il titolo di “nazionale”.
Il decreto ebbe una breve esistenza. Il trasferimento della capitale da Firenze a Roma portò all’identificazione di quest’ultima come nuovo centro culturale ed amministrativo della nazione. In un clima connotato da accesi entusiasmi il ministro Ruggiero Bonghi fondò in meno di un anno la biblioteca Vittorio Emanuele II, risultato di una aggregazione di fondi librari provenienti da enti ecclesiastici soppressi.
Il successivo Regolamento organico delle biblioteche governative del Regno (R. D. n. 2974 del 20 gennaio 1876), che precedeva di alcuni mesi l’apertura della Nazionale di Roma e ne configurava i gravosi compiti, fu il frutto della collaborazione tra il ministro Bonghi e Desiderio Chilovi, allora primo vice bibliotecario della Biblioteca Nazionale di Firenze. Ne documenta l’ampio apporto di idee la relazione datata Casole, 5 ottobre 1875 (ARDUINI 1987). Le biblioteche furono inserite in un nuovo schema che le distingueva in base all’autonomia o alla connessione con altri istituti. Tutti i suggerimenti di Chilovi risultano accolti nel regolamento ad eccezione del disegno da lui delineato di un sistema bibliotecario in cui le biblioteche fossero caratterizzate da un ruolo specifico per rispondere alle diverse esigenze dei lettori. Nonostante la denominazione di “nazionale” attribuita a ben quattro biblioteche nessuna di queste corrispondeva nel regolamento al modello di una biblioteca nazionale moderna sull’esempio dei paesi del nord Europa. Alla Nazionale di Roma competevano la redazione di un catalogo delle opere straniere acquisite dalle altre biblioteche (art. 31), l’ufficio dei duplicati (art. 34), un corso tecnico per la formazione del personale (artt. 35-40); non era menzionato il deposito obbligatorio degli stampati, attribuitole solo alcuni anni dopo, con circolari del 20 gennaio 1880 e del 27 ottobre 1880.
Dal Regolamento del 1876 non emergeva l’assetto complessivo delle biblioteche, né regole chiare ed esaurienti da seguire per il loro funzionamento. Fu ancora Desiderio Chilovi, all’epoca direttore della Biblioteca Marucelliana, ad essere interpellato dal ministro Michele Coppino per la stesura del nuovo Regolamento organico delle biblioteche governative del Regno (R.D. n. 3464 del 28 ottobre 1885). La sua fattiva partecipazione è documentata anche da una relazione datata 18 febbraio 1884 e conservata nell’archivio della biblioteca Marucelliana (ARDUINI, 1997) nella quale, accertata nel frattempo la impermeabilità del governo a definire un sistema di biblioteche funzionale ai cambiamenti culturali avvenuti, Chilovi prende in esame la bozza proposta dal Ministero articolo per articolo. Di fatto il Titolo I non introduce novità rispetto al passato: le categorie usate per distinguere le biblioteche sono autonomia o annessione ad altri istituti, principalmente l’università; tra le Nazionali, divenute sette, la Biblioteca nazionale di Firenze e la Vittorio Emanuele di Roma, le quali sole raccolgono tutte le pubblicazioni del paese, prendono il nome di Biblioteche Nazionali Centrali, con i compiti descritti nell’art. 4. A Chilovi appartiene invece la formulazione dell’art. 62, dove si attribuiscono alla Nazionale di Firenze la redazione del Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa e alla Nazionale di Roma quella del Bollettino delle opere moderne straniere acquistate dalle biblioteche governative italiane; un’altra interessante proposta di Chilovi è accolta nell’art. 39 che prescrive l’adozione di una scheda per ciascun manoscritto nella quale si annoteranno i nomi dei lettori che l’hanno consultato. Il Regolamento del 1885 affrontava anche i temi della responsabilità patrimoniale, dell’attribuzione dei compiti agli impiegati, della loro formazione e dell’ordinamento interno con la relativa modulistica, ponendo le basi della prassi bibliotecaria. In definitiva si trattava di un buon regolamento il cui grave limite era costituito dalla genericità della formulazione di compiti e funzioni delle diverse biblioteche denunciata da Chilovi fino alle bozze di stampa, genericità destinata a perpetuarsi nei regolamenti bibliotecari del Novecento (ARDUINI 1987).

Bibliografia:
  • Arduini 1987
    Franca Arduini, Troppi regolamenti, nessuna legge. Dalla storia della legislazione bibliotecaria l’assenza di un organico progetto di sistema nazionale, «Biblioteche oggi», V, 1987, n. 4, pp. 25-41.
  • Arduini 1997
    Franca Arduini, Desiderio Chilovi e la Biblioteca Marucelliana, «Copyright, 1991-1996», 1997, pp. 11-24.

Pubblicità delle biblioteche dopo il 1861 e principi moderni di servizi al pubblico

Come l’arte nelle sue più significative espressioni aveva fortemente caratterizzato l’idea di una identità nazionale (BANTI 2006) durante i «tempi poetici del Risorgimento» (GOTTI 1885), così l’esigenza di dar vita ad un forte sistema normativo costituì dopo l’Unità l’elemento primo per avviare una reale costruzione dell’Italia e darle un volto definito.
Negli anni immediatamente successivi all’unificazione, l’intensa attività legislativa del nuovo Stato italiano si estese a tutto raggio e a questa non sfuggì il mondo delle biblioteche. Il legislatore infatti, in uno spazio temporale concentratissimo, dettò norme e varò provvedimenti, alcuni di largo respiro tesi a razionalizzare ed omogeneizzare il frastagliato universo delle biblioteche italiane (ma vennero assai dopo il 1861) altri, immediatamente successivi alla proclamazione dell’Unità nazionale, tesi a mantenere vivo, anche attraverso le biblioteche e le fonti documentarie di cui erano depositarie, quell’ideale di italianità, elemento di forte e passionale coesione agli albori del Risorgimento nazionale.
L’azione legislativa sulle biblioteche del Governo unitario fu pressante e disorganica insieme; fu infatti sovente contraddittoria e priva di una progettualità globale, ma tuttavia trovò una sintesi nella volontà del nuovo Governo di rendere le biblioteche una sorta di “punta di diamante” che doveva veicolare un concetto di cultura nazionale, di patrimonio collettivo di cui gli Italiani capaci di usufruirne per il privilegio di saper leggere e scrivere “dovevano” godere.
Il R.D. n. 213 del 22 dicembre 1861 che sancì la nascita della Nazionale di Firenze, costituì il provvedimento più significativo nel panorama delle biblioteche italiane e nella strategia politica generale del Governo unitario. Tuttavia altri atti normativi, anche antecedenti a quella data, esemplificano in modo altrettanto tangibile l’intento del legislatore.
Questi infatti emanò, a partire dal 1861 ed a seguire, una serie di decreti aventi a tema l’incremento della pianta organica di singoli istituti, finalizzato ad una più ampia apertura dei servizi al pubblico. Le biblioteche di Torino, Pisa, Bologna, Parma, Napoli, Genova, per citarne alcune, ebbero incremento di personale: l’organico della prima raggiunse le 19 unità al fine di “poter aprire una nuova Sala di lettura nelle ore serali” (ITALIA. R.D. n. 69, 23/6/1861); quello della biblioteca di Pisa fu portato a 7 unità (Italia. R.D. n. 297, 24/9/1861); a Bologna, considerato “il maggior servizio di cui si [erano] gravati gli impiegati” per l’apertura delle sale anche nelle ore serali, fu previsto un personale di 9 unità compresi due ‘alunni distributori’ (ITALIA. R.D. n. 409, 2/1/1862); a Parma l’organico fu di 14 impiegati fra i quali un conservatore per le Suppellettili Bodoniane ed uno “delle stampe” (ITALIA. R.D. n. 786, 21/8/1862). A Napoli, riunendo varie biblioteche cittadine, fu sancita la nascita di una nuova Nazionale con orari prolungati anche alla sera (ITALIA. R.D. 650, 14/5/1862). Gli stessi decreti sancirono l’aumento degli stipendi (difformi da luogo a luogo) al personale; nel contempo altri atti normativi tentarono, sia pure istituto per istituto, di definire le professionalità necessarie a ciascuno. Infine, venne definitivamente regolamentata l’esclusività del rapporto di lavoro Stato-dipendente con il divieto del ‘cumulo degli impieghi’ (ITALIA. R.D. n. 1668, 24/1/1864).
Alla Biblioteca Nazionale di Firenze la “pianta numerica degli Impiegati” raggiunse, nel 1863, quota 18 unità (ITALIA. R.D. n. 1352, 5/7/1863): l’incremento fu disposto in considerazione del ruolo assunto dall’istituto fin dal dicembre 1861. Dieci anni dopo, 1872, l’organico della Nazionale era rimasto pressoché inalterato. Luigi Passerini, prefetto della stessa, rilevando i “bisogni della biblioteca” che nell’anno 1871 aveva accolto quasi cinquantacinquemila studiosi e fornito oltre quarantamila opere in consultazione, lamentò la difficile situazione e denunciò l’”insufficienza assoluta del personale” (PASSERINI 1872).
I dati statistici presentati da Passerini imposero conseguentemente una strutturata regolamentazione delle attività della biblioteca, sia in nome di pubblicità e trasparenza nei confronti degli studiosi (orari, chiusure previste, accessi, servizi e diritti), sia riguardo ai doveri che l’istituto intendeva assumere verso i propri frequentatori.
Entrambe le esigenze trovarono concretezza nel Regolamento per il servizio della Biblioteca Nazionale di Firenze: composto di 24 articoli, i primi 14 riguardarono la Disciplina per gli studiosi, i successivi la Disciplina per il servizio del pubblico
La lettura è libera per qualunque persona e per ogni sorta di libri”: una dichiarazione di intenti, esposta all’art. 3 del Regolamento, a riconferma di quella volontà, ampiamente manifestata, di ‘pubblicità’ delle biblioteche italiane. A coloro che operavano direttamente al pubblico si richiedevano capacità di ‘attenzione’ e ‘premura’. Al distributore-capo in particolare competevano professionalità e propensione all’ascolto per comprendere le esigenze degli studiosi ed indirizzarli immediatamente verso ciò di cui avevano bisogno. Come in un moderno servizio di ‘reference’ gli addetti di oltre un secolo fa, equilibrati fra ‘assertività’ ed ‘empatia’, dovevano saper fornire risposte agli studiosi sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Prontezza nel servizio, responsabilizzazione ed equa ripartizione dei carichi di lavoro costituivano caratteristiche peculiari delle attività proprie dei distributori.
Il Regolamento interno di dieci anni dopo, oltre a caratterizzarsi per la ricchezza e per la dettagliata mappatura, analisi e regolamentazione dell’intera attività della Biblioteca Nazionale, nel ribadire la doverosa ‘attenzione’ e l’imprescindibile ‘premura’ verso gli studiosi, introduceva anche il principio della ‘soddisfazione’ dell’utente, della cui garanzia era reso direttamente responsabile il bibliotecario al quale era affidata la sala cataloghi. A questi competeva infatti “far sì che gli studiosi [restassero] sempre soddisfatti del servizio” (BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE FIRENZE 1881).
I l Regolamento organico del 1885 fece ancora di più stigmatizzando “la scortesia e la sconvenienza verso i frequentatori” ed affermando il dovere di ogni impiegato di “evitare tutto ciò che, non essendo prescritto o necessario, potesse diventare incomodo o sgradito agli studiosi”, ai quali era esplicitamente riconosciuto il diritto a presentare, se del caso, un formale reclamo (ITALIA. R.D. n. 3464, 28/10/1885).
Principi antesignani di una moderna “Carta dei servizi”; principi riconfermati nella regolamentazione interna della Nazionale nel corso del ‘900.
L’attuale Regolamento interno approvato dal Ministero alla fine del 2000 sembra conchiudere, con quanto dichiarato al suo art. 1-Funzioni, il percorso delle biblioteche italiane, dalla frammentazione post-unitaria al senso di appartenenza ad un sistema/servizio integrato dell’intero mondo bibliotecario italiano (BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE FIRENZE 2000¹).

Bibliografia:
  • Banti 2006
    Alberto Mario Banti, La nazione del Risorgimento: parentela, santità e onore alle origini dell’Italia unita, 2. ed., Torino, Einaudi, 2006.
  • Biblioteca Nazionale Firenze 1881
    Regolamento per il servizio della Biblioteca nazionale di Firenze (Minuta), Firenze, agosto 1881
  • Biblioteca Nazionale Centrale Firenze 2000
    Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze, Regolamento interno, prot. 13642, 19/12/2000.
  • Gotti 1885
    Aurelio Gotti, Elogio del conte Giovanni Arrivabene letto … nell’adunanza ordinaria del dì 1° marzo 1885, «Atti della R. Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze», s. IV, v. VIII, 1885, p. 87-115.
  • Passerini 1872
    Luigi Passerini, Cenni storico-bibliografici della R. Biblioteca nazionale di Firenze, in Firenze, coi tipi di Cellini e C., 1872.

Desiderio Chilovi

Desiderio Chilovi (DBI v. 24), nato a Taio il 23 maggio 1835, dopo l’interruzione degli studi per motivi di salute, si dedicò allo studio del commercio librario, prima a Vienna, e quindi a Firenze, dove si trasferì nel 1856 e dove, prima di approdare alla Magliabechiana nel 1861, lavorò presso i librai editori Molini e Barbèra.
Nel 1865 tentò di tornare alle sue “occupazioni predilette”, chiedendo un periodo di aspettativa senza stipendio e iniziando a dirigere la tipografia dei Successori Le Monnier, ma il 1° novembre dello stesso anno riprese, e questa volta definitivamente, la sua attività in biblioteca. Per il resto la sua biografia coincide con una progressione lineare nella carriera bibliotecaria fino all’ultimo incarico come prefetto della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, tenuto fino alla morte il 7 giugno 1905 (DEL BONO 2003)
Se le sue capacità tecnico-organizzative emergono chiaramente dall’attività di direttore di biblioteca, di collaboratore dell’Amministrazione centrale nella riorganizzazione del sistema bibliotecario post-unitario, non è da sottovalutare l’apporto teorico alla riflessione scientifica sulla biblioteca e sui suoi meccanismi di funzionamento.
Chilovi ha della biblioteca una concezione decisamente dinamica, moderna, un approccio che non troviamo altrettanto condiviso nel panorama biblioteconomico italiano nella seconda metà dell’Ottocento, per lo meno non con la chiarezza e con l’incisività con cui emerge dalle sue riflessioni ( DEL BONO 2005). Sul piano tecnico-pratico il contributo fondamentale che Chilovi porterà ai problemi relativi all’informazione bibliografica è sicuramente la progettazione del “Bollettino delle pubblicazioni italiane”, che costituisce una concreta realizzazione del suo concetto di bibliografia nazionale corrente (DEL BONO 2002).
Per quanto riguarda la gestione della BNCF, durata circa venti anni, le linee portanti della sua azione si articolano su diversi piani: l’attenzione al profilo bibliografico delle raccolte; la coniugazione fra conservazione sistematica del materiale librario, e fruizione; l’individuazione del ruolo specifico della biblioteca come centro e motore di un sistema informativo. A quest’ultima esigenza si collegano chiaramente il progetto del “Bollettino” e quello della Sezione delle ricerche bibliografiche. Queste linee politiche saranno affiancate da un intervento complessivo di riorganizzazione e riordinamento.
Quando nel 1885 Chilovi assume la direzione della BNCF eredita una situazione abbastanza complessa. È stato abbondantemente ricostruito e sottolineato il suo impegno per risolvere uno dei problemi fondamentali, cioè la mancanza cronica di spazio. Possiamo solo aggiungere che la costruzione del primo edificio appositamente progettato, nel bene e nel male, per una biblioteca, è frutto della sua caparbietà, visto che ancora agli inizi del Novecento, il ministero insisteva per l’acquisto e il riadattamento di un palazzo storico, il palazzo Capponi (DEL BONO 2007¹).
Il riordinamento interno riguarderà l’organizzazione del lavoro, che si avvicinerà a quella che si è conservata fino ai nostri giorni, una divisione in sezioni ed uffici, dotati di un organico composto da figure professionali diverse, responsabili di attività specifiche, ma coinvolgerà in modo significativo anche le raccolte.
In questo periodo viene progressivamente abbandonato l’uso della collocazione magliabechiana per il materiale moderno, sostituita con tipologie di collocazione che rispecchiano meglio la realtà editoriale coeva. Per alcuni generi letterari si formano collezioni separate: romanzi, teatro, musica moderna, testi greci e latini. In altri casi collocazioni già in uso vengono razionalizzate, sulla base del criterio del formato (DEL BONO 2007²).
Nel riordinamento generale delle raccolte si inserisce anche l’impianto delle pubblicazioni minori o gruppi, ma assume un significato più profondo coniugandosi strettamente alla politica delle collezioni che si articolava su tre punti: raccolta e conservazione sistematica di tutta la produzione editoriale nazionale, progressivo completamento delle collezioni retrospettive e acquisizione della produzione straniera più significativa
Il lavoro di riordinamento di questa porzione delle raccolte della BNCF non viene impiantato ex novo, ma si innesta in una situazione preesistente. Già in precedenza era invalso l’uso di non catalogare e di ordinare grossolanamente, per ordine alfabetico di autore o di luogo, le pubblicazioni di scarsa consistenza, considerate di poco valore. Dalla semplice pratica di accantonare materiale bibliografico ingombrante e difficile da gestire si passa gradualmente alla formazione di una collezione organica, vitale ancora ai nostri giorni. Fa da pendant alla sezione dei gruppi il progetto dell’Archivio della letteratura italiana, e soprattutto la sezione dei carteggi, che si configura come il logico supporto documentario alle raccolte moderne a stampa.
I risultati di tale politica furono positivi: in quegli anni, pur fra mille difficoltà di carattere economico, l’incremento fu consistente. Affluirono in biblioteca decine di carteggi di contemporanei; si accrebbero le raccolte dei manoscritti orientali e dei Galileiani; furono acquistati strumenti di erudizione, ancora oggi utilizzati, come il Poligrafo Gargani; acquisite collezioni librarie famose (Rossi-Cassigoli, Miscellanea Capretta, etc.), ma anche nuclei librari meno conosciuti (tremila opere storiche appartenute a Pompeo Litta).
Sull’altro versante Chilovi utilizza al massimo lo strumento del cambio, incentrandolo sul “Bollettino”. La possibilità di utilizzare il “Bollettino” per attuare una politica sistematica di cambio, ma anche i suoi contatti capillari con il mondo delle biblioteche a livello internazionale, dettero sicuramente buoni risultati consentendogli, fra l’altro di impiantare anche nuove collezioni, come la raccolta delle tesi delle università di Germania, di Francia, Svezia e Norvegia.
Un altro importante problema che Chilovi si trova ad affrontare al momento in cui assume la direzione della BNCF è quello dell’unificazione dei vari cataloghi per autore, che si erano andati stratificando nel tempo. Pur essendo convinto che il catalogo alfabetico di una biblioteca avrebbe dovuto essere unico, di fatto Chilovi approda ad un’altra soluzione, l’impianto di un nuovo catalogo. Il nuovo catalogo alfabetico a schede non è comunque l’unico ad essere impiantato: è da collocare in questo periodo l’avvio del catalogo della musica moderna a stampa, e probabilmente anche quello delle carte geografiche. Altri cataloghi speciali di cui è attestata l’esistenza in questo arco di tempo, ma di cui non è rimasta traccia, erano legati ad alcune sezioni dei gruppi, come ad esempio le memorie legali ed i cataloghi librari (DEL BONO, 1996 e 2002).

Bibliografia:
  • Del Bono 1996
    Gianna Del Bono, I cataloghi della Biblioteca nazionale di Firenze, «Culture del testo», II, 1996, 6, pp. 27-41.
  • Del Bono 2001
    G.Gianna Del Bono, Per una storia della Bibliografia nazionale italiana. Desiderio Chilovi e i primi quindici anni di vita del “Bollettino” (Parte Prima), «Culture del testo e del documento», 2001, settembre-dicembre, p. 5-82.
  • Del Bono 2002
    Gianna Del Bono, La biblioteca professionale di Desiderio Chilovi. Bibliografia e biblioteconomia nella seconda metà dell’Ottocento, Manziana, Vecchiarelli, 2002.
  • Del Bono 2003
    Gianna Del Bono, Desiderio Chilovi, «Accademie e biblioteche», n.s., gennaio-giugno 2003, pp. 3-32.
  • Del Bono 2005
    Gianna del Bono, Introduzione a Desiderio Chilovi, Scritti scelti editi ed inediti, a cura di Gianna Del Bono, Firenze, Le Lettere, 2005, p. VII-XCI.
  • Del Bono 2007¹
    Gianna Del Bono, Desiderio Chilovi. Per una biografia professionale, in Il sapere della nazione. Desiderio Chilovi e le biblioteche pubbliche nel XIX secolo: atti del convegno, Trento, 10-11 novembre 2005, a cura di Luigi Blanco e Gianna Del Bono, Trento, Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni librari e archivistici, 2007, p. 3-23.
  • Del Bono 2007²
    Gianna Del Bono, Per la storia del sistema delle collocazioni nella BNCF, in Una mente colorata. Studi in onore di Attilio Mauro Caproni per i suoi 65 anni, promossi, raccolti e ordinati da Piero Innocenti, curati da Cristina Cavallario, Roma, Il libro e le letterature; Manziana, Vecchiarelli, 2007, pp. 997-1017.
Ultimo aggiornamento 4 Febbraio 2021